Il dolore della perdita è una delle esperienze più destabilizzanti della vita. Eppure, per molte persone, affrontarlo significa trovare un modo per andare avanti, spesso chiudendo i ricordi più dolorosi in un angolo remoto della mente. Ma è davvero possibile? E soprattutto: è una strategia che funziona nel lungo termine?
In questo articolo esploriamo insieme il meccanismo di rimozione consapevole nel lutto, come funziona e quali sono le sue implicazioni. Ti guiderò attraverso una riflessione profonda e pratica su come riconoscere e affrontare questo processo, offrendo strumenti utili per trasformare il dolore in una risorsa di crescita.
La rimozione consapevole: una difesa naturale della mente
Il meccanismo di rimozione è uno dei processi più comuni nel nostro rapporto con il dolore. Si tratta di un meccanismo di difesa che la mente utilizza per proteggerci da emozioni troppo intense e difficili da gestire. In pratica, è come se il cervello mettesse “in pausa” il dolore, relegandolo in un cassetto remoto della memoria. Vicino a “rimozione”, in questo articolo, trovi “consapevole” perché nella storia che ti racconterò, Monica (nome di finzione), ha scelto consapevolmente di mettere da parte un’esperienza di lutto molto dolorosa.
Monica aveva 34 anni quando suo marito è morto a causa di un tumore. La loro vita era stata completamente travolta dalla malattia: le cure, i viaggi in ospedale, l’altalena tra speranza e paura, e poi quella risonanza che ha distrutto ogni aspettativa di guarigione. In meno di un mese, l’uomo con cui aveva condiviso sogni e progetti non c’era più.
Monica si è trovata da sola a crescere il loro bambino di tre anni. “Non potevo crollare,” racconta, “perché mio figlio aveva bisogno di me. Ma anche perché mio marito voleva che fossimo felici, nonostante tutto.” Così ha preso una decisione drastica: mettere tutto quel dolore, quelle emozioni e quei ricordi in un angolo remoto della sua mente. “Ho chiuso quel capitolo della mia vita in un cassetto che non voglio più aprire,” mi dice. “Era l’unico modo per andare avanti.”
Questa scelta ha permesso a Monica di sopravvivere. Tornare al lavoro, prendersi cura di suo figlio, ricostruire una parvenza di normalità. Ma quel “cassetto chiuso” non era davvero dimenticato. Quando Monica si ritrova a parlare della sua esperienza con me, le emozioni tornano, il dolore è ancora lì, presente in ogni dettaglio. Ogni parola pronunciata durante il racconto sembra sbloccare una parte di sé che aveva tenuto nascosta.
Raccontandomi la sua storia, Monica, senza rendersene conto ha fatto il primo passo per affrontare quel dolore rimasto sospeso. Raccontare quello che ci si porta dentro ci obbliga a dare una forma e un nome alle nostre emozioni, a portarle fuori da noi e così a diventarne più consapevoli.
Mettere in pausa non significa elaborare
Mettere in pausa il dolore può sembrare una soluzione ideale: ci permette di affrontare le sfide quotidiane, di ricostruire una routine e di funzionare nel mondo. Tuttavia, questa pausa non è una vera elaborazione del lutto. Quando evitiamo di ascoltare il dolore, lui trova altri modi per manifestarsi: tensioni nel corpo, difficoltà emotive o sintomi come insonnia e stanchezza cronica.
Immagina un fiume: se costruisci una diga per bloccarlo, l’acqua sembra sparire. Ma dietro la diga, la pressione aumenta. Se non trovi un modo per farla defluire, prima o poi la diga cederà. Così funziona la rimozione: è temporanea, ma il dolore accumulato potrebbe emergere improvvisamente e con forza.
Come riconoscere la rimozione
Frasi come:
– “Non ci voglio pensare”
– “Non ho tempo per soffrire, devo andare avanti”
– “Non mi tocca, sono forte”
sono spesso indicatori di una rimozione che, anche se ci sembra volontaria, si basa su dinamiche inconsce.
Ma come possiamo riconoscere se stiamo rimuovendo il dolore o se lo stiamo realmente affrontando? Alcuni segnali possono aiutarci a capirlo: potresti notare un distacco emotivo, come se le emozioni fossero lontane e quello che è accaduto non fosse del tutto reale; un blocco emotivo, con difficoltà a provare emozioni intense, sia positive che negative; o persino segnali fisici, come tensioni muscolari, insonnia o stanchezza cronica. Se ti riconosci in queste descrizioni, è importante iniziare a esplorare ciò che hai messo da parte. Questo non significa aprire il “cassetto” del dolore tutto in una volta, ma concederti di fare piccoli passi per dare spazio a ciò che provi.
Strumenti per affrontare il dolore
Raccontare ciò che hai vissuto è un passo fondamentale per lasciare fluire le emozioni. Se parlare risulta difficile, la scrittura può essere un’alternativa potente. Lo storytelling – che amo profondamente – ti permette di riconnetterti con le tue emozioni in modo sicuro.
Ecco alcune domande che possono aiutarti a iniziare:
– Cosa accadrebbe se permettessi a queste emozioni di emergere?
– Quali sentimenti sto evitando?
– Qual è il primo passo che posso fare oggi per affrontarli?
Scrivere degli avvenimenti ed emozioni del passato, ma anche del presente, ti aiuta a dare un nome al dolore e a creare un ponte tra ciò che è conscio e ciò che non lo è.
La comunità come risorsa
Il lutto è un’esperienza profondamente personale, ma non dobbiamo affrontarla da soli. Una comunità – sia essa formata da amici, familiari o un gruppo di supporto – può offrirti uno spazio sicuro per condividere e ascoltare. Raccontare e ascoltare storie di perdita ci fa sentire meno soli e ci offre nuove prospettive.
Non c’è bisogno di “aggiustare” il dolore dell’altro. A volte, semplicemente esserci, ascoltare senza giudicare, è il dono più grande.
Perché La Death Education è importante
La rimozione del dolore non riguarda solo chi ha subito una perdita, ma è anche il risultato di una società che fatica a parlare di morte. Ecco perché la Death Education è fondamentale: ci abitua a confrontarci con il lutto, a parlarne tra adulti e a introdurlo ai bambini con rispetto e delicatezza.
La Death Education non elimina il dolore, ma offre strumenti per affrontarlo con coraggio e consapevolezza, insegnandoci che la morte fa parte della vita e che accettarla può trasformarci.
Conclusione
Se stai vivendo un lutto, sappi che il dolore è un messaggero: vuole dirti che c’è qualcosa che merita attenzione. Affrontarlo richiede tempo, pazienza e compassione per te stesso.
Ricorda, ogni storia merita di essere raccontata. Condividere il tuo percorso è un atto di coraggio e, allo stesso tempo, un dono prezioso per chi ti ascolta. Se ti va, lascia un commento o condividi questo articolo con chi potrebbe averne bisogno. Aiutiamoci a vicenda a togliere il velo di tabù che ancora copre il tema della morte e della perdita.
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Luttoh: Educare alla morte per imparare la vita