… Da piccola avevo paura di te.
Non c’eri quasi mai perché il lavoro ti teneva lontano tante ore.
Quando tornavi eri talmente stanco che ti coricavi sul nostro divano di velluto verde e ti addormentavi immediatamente.
Iniziavi quasi subito a russare e avevo paura di quel rumore per me inspiegabile, forte e incostante.
Quando lavoravi a casa si sentivano provenire dall’officina, rumori forti e spaventosi.
Da piccola avevo paura di quel posto polveroso, buio e abitato da attrezzi a me sconosciuti.
Da più grande ho capito che erano: martello, avvitatore, sollevatore, gru, mola, saldatrice, compressore… Tutti rumori che gradualmente ti hanno rubato l’udito.
Quando venivi in casa ti toglievi quella enorme tuta blu tutta sporca di nero e sfregavi a lungo le mani.
Te le lavavi con “la pasta”, un sapone dall’odore pungente, che sembrava carta vetrata. Nonostante i numerosi passaggi le mani rimanevano sempre un po’ nere perché la pelle aveva assorbito il colore del tuo duro lavoro.
Quando da grande ho capito la tua fatica, avrei voluto aiutarti per farti cenare con noi, per farti finire prima di lavorare, per alleviare un po’ la fatica. Ma non ne sapevo niente di meccanica e tu mi facevi un po’ soggezione. Passavo allora ogni tanto a salutarti, a chiederti a che punto eri e ad allungati un cacciavite che puntualmente era quello sbagliato.
La vita mi ha insegnato a comprendere i tuoi sforzi e i tuoi silenzi, a leggere i tuoi pensieri, nei tuoi occhi azzurri come il cielo, come quelli della tua mamma e del tuo papà.
Il tempo mi ha aiutato a capire che non eri un orso di natura ma che lavorare da solo, ogni giorno, con l’obiettivo di finire il lavoro per quel cliente, ti aveva fatto diventare un po’ selvatico.
Con il tempo ho capito che i tuoi ritmi di lavoro erano l’unico modo per permetterci di avere una micca di pane sulla tavola.
Ancora oggi, prima di iniziare a mangiare, controlli che ce ne sia per tutti.
E quella frase “g’né anca par ch’ieter” (“Ce n’è anche per gli altri”), che spesso ci fa innervosire, rivela la tua anima generosa, rivela lo spirito di chi mette sempre l’altro prima di sé stesso.
Il tuo lavoro è un amore folle iniziato a 14 anni e mai finito.
Il tuo lavoro è la tua linfa.
Il tuo lavoro è sacrificio fisico e mentale.
Il tuo lavoro è passione.
Il tuo lavoro è soddisfazione per riuscire ad aggiustare un trattore o un generatore di corrente di cui molti non avrebbero osato smontare nemmeno un bullone.
Al tuo lavoro sei sempre stato grato perché nonostante la fatica e qualche delusione, ti ha permesso di farci studiare tutti, di poterci dare sempre qualcosa da mangiare e di insegnarci cosa significa “sacrificio”.
Papà, sei un grande esempio!
Bisognerebbe festeggiati ogni giorno!
Auguri papà Piero!
Buona festa del papà!